sabato 6 gennaio 2018

Epifania. "Dentro il cuore un remoto rumore di calda sorgente". Pensieri liberi.

L'epifania. E' una delle feste cristiane che maggiormente amo anche se talvolta la si vive con una fretta sommaria, la fretta di chi stanco di avere addobbi natalizi per casa si affretta a rimuoverli perché le feste sono finite e domani non c'è il tempo per mettere tutto apposto. E' una festa bistrattata: vista come spartiacque tra i giorni natalizi e il ritorno ad un ordinario senza festa (l'epifania tutte le feste porta via); vissuta come momento fatidico in cui disporre sul presepe le statuine dei tre re che però avranno al massimo qualche ora di vita, prima di tornare in cantina;  affrontata come si affronta un bilancio, bilancio del peso corporeo post natalizio, bilancio delle cose monotone che occorre riprendere  a fare, bilancio e preventivo delle cose sospese e di quelle rimandata a "dopo le feste".
Eppure a me questi tre personaggi misteriosi e affascinanti mi interpellano sempre e con forza e fascino in costante aumento. E' chiaro. Chi ce li presenta è l'evangelista Matteo che certamente non ha l'intento storico di dirci come è andato il fatto. Matteo vuole dirci qualcosa su Dio, sulla sua rivelazione in Gesù di Nazareth e certamente i suoi racconti dell'infanzia sono stati scritti per questo scopo, con la fantasia e la sapienza di chi utilizza immagini simboliche e scritturistiche precise e chiare ma certamente ben lontane dalla storia. Matteo non è un astronomo. Non è un esperto di re e pellegrini orientali. Non gli interessa il modo concreto in cui Gesù è nato e quali siano stati i suoi primi incontri. Gli interessa piuttosto far capire, tramite il suo racconto, quale sia la novità che egli ha portato e cosa questa novità richiede oggi, come sempre, ad ogni uomo che in vario modo si confronta con il mistero di Dio. Tante sono le suggestioni, le domande, i pensieri che il brano evangelico dell'Epifania provoca con la sua grande bellezza ma voglio restare su quanto ho detto. 

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  Quale novità dice su Dio? Una novità di cui abbiamo sempre bisogno: Dio non è il tesoro ristretto di un solo popolo, di una sola comunità, di una sola stirpe. Dio non è la caparra certa di chi accampa poteri su di lui o di chi crede di conoscerlo in base alle leggi terrene, ieri del tempio oggi canoniche, domani chissà cosa. Dio è inclusione. Dio è apertura. Dio è accoglienza. E' parola rivolta a tutti. E' mano tesa nella notte. E' voce che parla nel cuore dell'uomo invitandolo a guardare oltre, a lasciarsi muovere e smuovere dal desiderio bruciante, dall'inquietudine santa di chi si accorge che alla vita, ad ogni vita di questa terra manca qualcosa di importante e che questa mancanza è l'invito ad una festa di amore. Dio è l'invito. Dio è la festa. Dio è l'amore. Rivolto a tutti. Tutti. Proprio tutti. Uomini e donne di ogni razza e cultura, di ogni fede e tradizione, di ogni genere e di ogni orientamento (anche sessuale...e pensate quanto ci sia bisogno oggi di questa novità se fa notizia il fatto che un parroco non si opponga a celebrare insieme e in chiesa il funerale di due giovani fidanzati omosessuali morti in una vera e propria tragedia). Dio non conosce porte chiuse e muri alzati ma conosce solo l'arte di spalancare le porte e costruire ponti. Il Vangelo di oggi ci dice questo: Dio non è solo di Israele, come non è solo della Chiesa cattolica, come non è solo delle chiese cristiane, come non è solo dei credenti. Dio è di tutti. Ed è per tutti. E tutti possono entrare nel calore del suo abbraccio, così come commenta S. Leone Magno nella Liturgia delle Ore di quest'oggi: "Entri, entri dunque nella famiglia dei patriarchi la grande massa delle genti". Che novità perenne quella di oggi. E cosa dice a me questa novità, cosa dicono a me questi Magi fascinosi e attraenti? Mi dicono che non devo accontentarmi. Che non devo aver paura della mia inquietudine. Che devo avere il coraggio di guardare le stelle per leggere nel creato i segni di un'intelligenza creatrice che accende nei cuori di chi ne è consapevole desideri di bene e di giustizia, di pace e di amore. Questi Magi mi dicono che devo osare, muovermi e smuovermi dalle mie abitudini, dalle strade già battute, dagli orizzonti già scrutati per ritrovare nuove vie attraverso le quali ritornare alla vita. Mi dicono anche che devo imparare a non percepire me stesso come termine delle mie attese e che per quanto possa diventar saggio e dotto sarò davvero sapiente se saprò adorare non l'immagine di me o di qualche idolo, ma un bambino, il Bambino in cui batte il cuore di Dio, il cuore che solo può riempire ogni cuore:

La tua voce è ombra di sogno.
Le tue parole
sono nell'aria assonnata
petali di rose bianche.

Ai tuoi capelli dorati,
al tuo sguardo profondo,
alla tua voce velata e triste,
offro il mio manto andaluso!

E' nei tuoi occhi la nebbia
delle mattine antiche;
degli occhi indolenti,
intrisi di lontananze.

Nell'ascoltarti si sente
dentro il cuore un remoto
rumore di calda sorgente.

(Federico Garcia Lorca, Poesie d'amore).










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