domenica 18 febbraio 2018

La tratta nascosta. Quando il potere maschilista e la corruzione di qualche superiora generano orrori nel cuore della chiesa.

Questa sera, al telefono con un vescovo del Sud Italia, commentando una questione sento dirmi: " Prima di parlare alla gente della tratta delle schiave, dovremmo avere il coraggio di porre fine alla tratta delle suore". Beh, una parola senz'altro forte, condita da note di spontaneità e di sfogo, nate dal cuore di chi, magari, in questi giorni si è trovato dinanzi a situazioni assurde. Situazioni assurde di cui è piena la nostra Chiesa, romana, cattolica e non di rado borghese e maschilista. Situazioni spesso volute e gestite da donne con cuori leggeri e tasche profonde. Qui non mi riferisco tanto alla tratta delle novizie di cui parlò Francesco nel 2014 (cosa che resta grave) ma a quelle situazioni di donne "serve"





nei confronti delle quali spesso, il clero, basso o alto che sia, fa finta di niente, preferendo di seguire le orme del sacerdote e del levita della famosa parabola che pur vedendo passarono oltre. E' sotto gli occhi di tutti il fatto che siamo pieni di religiose che vengono dai paesi poveri, asiatici, africani o latino-americani. Molte di queste - le generalizzazioni sono sempre da evitare - scelgono la vita religiosa con motivazioni diverse, non sempre adulte e serene, spesso affidandosi a donne o uomini carismatici che prima le educano con un terrorismo d'altri tempi e poi le manipolano "vendendole" come forza lavoro a frati, monsignori, preti bisognosi di chi pensi alla loro mensa e ai loro calzini. Suore cameriere. Suore serve. Suore cuoche. Suore sarte. Suore spazzine. Per carità, tutte cose belle se vissute in modo sereno e non coercitivo, perché anche di questo c'è bisogno e anche di queste cose (o forse soprattutto) è fatta la carità. E lo dico vivendo con delle religiose sempre pronte ad aiutarmi in faccende anche umili ma capaci di farlo con gioia perché convinte dell'amore fraterno che nutro per loro e con il quale ogni giorno cerco di custodire la loro gioia. Ma quando queste mansioni vengono ottenute a partire dal proprio potere maschilista, clericale ed economico, beh allora siamo fuori dallo spontaneo servizio di carità e siamo nell'ottica dello sfruttamento. Mi è capitato in questi giorni entrando in un convento di parlare con dei frati. Uno mi dice, riferendosi alle sue suore: "Sai, loro fanno il loro servizio ma non conosco le cose loro, non so niente della loro vita". Un altro pure dice di non interessarsi a loro: dalla vista si direbbe che della loro vita davvero non sa niente ma  da alcuni racconti sembra sia molto interessato alla loro cucina. Com'è possibile che un prete non si preoccupi della vita di coloro che con umiltà e dedizione lo aiutano nella gestione della casa, della mensa quotidiana, delle faccende domestiche? Io credo che in  questi casi non si conosce solo ciò che non si vuol conoscere e non si vede solo ciò che non si vuol vedere. E il potere maschilista e buontempone, alleandosi spesso a matrone - superiore, esperte in plagio e denaro, non vuole vedere il grido silenzioso di tante religiose che vorrebbero essere trattate non come manovalanza a basso prezzo ma come donne ricche di dignità oltre che di sorrisi, donne a cui si deve rispetto e protezione, perché magari lontane migliaia di chilometri dalla propria casa e "esposte" al pericolo come le vedove e gli orfani del Primo Testamento. Meno male però che ci sono vescovi e preti che non passano oltre, che si adoperano con decisione, laddove ne vengono a conoscenza, per mettere fine a questa tratta, una forma tuttora contemporanea di schiavismo. Nel cuore della nostra Chiesa. Forse la conversione per gran parte del clero coinvolto in queste storie, potrebbe iniziare proprio da qui. Proprio oggi. In quest'ennesima Quaresima che rischia di allontanarsi dalla sua dimensione di "segno sacramentale della nostra conversione" per essere il segno tangibile della nostra ipocrisia.

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