domenica 15 ottobre 2017

Omosessualità: tra attese e solitudini.

Un discorso come tanti in un giorno qualunque. Dinanzi ad un caffè, con un amico illuminato si parlava dei "commenti". Commenti di ragazzini, di gente seduta su una panchina di parrocchia o sul muretto di un giardino pubblico. Parole facili per etichettare un ragazzino o una ragazza. Parole che avevano l'intento di ridere e scherzare ma di quell'allegria a senso unico, di quel sorridere beffardo che sulla pelle dell'altro, del soggetto singolare e concreto, diventa l'ennesima cicatrice. Si parlava di omosessualità. "Cazzo, è proprio gay quello". "Ma la vedi come parla? Come si muove? Sicuramente è lesbica, una lesbicona". Commenti del genere quelli dei ragazzini. E spesso, anche quelli di qualche adulto. E chissà quanti di questi commenti una persona omosessuale ha ascoltato nella sua vita, fin dai primi passi in una scuola, con le apparentemente innocenti battute che non raggiungevano nessun altro obiettivo se non quello di far sentire diverso, anormale, inferiore, sbagliato. E certamente non è facile vivere così. Come psicologo spesso mi capita di ascoltare situazioni del genere, di toccare con mano i lunghi solchi insanguinati lasciati dai pesanti aratri delle parole, degli sguardi, delle battutine altrui. 
A volte anche la cosiddetta cultura gay non ha saputo spendersi in modo sapiente e strategico per attivare percorsi di riflessione seri volti a tutelare e a cambiare gli atteggiamenti sociali nei riguardi di chi si vuol far sentire a tutti i costi diverso (forse per paura di quella diversità che abita il cuore di tutti e che spesso viene sacrificata sull'altare di un'omologazione coatta che fa sentire sicuri e forti, e non mi riferisco alla sola diversità sessuale). Magari i tempi non permettevano la pace necessaria ad una riflessione seria e serena, perché occorreva anzitutto combattere per conquistare parola. O non saprei. 
Della politica poi non ne parliamo proprio: anche qui a volte la tutela delle minoranze sembra essere più una bandiera ideologica che una reale, seria, pacata presa di posizione nata da una riflessione altamente umana. Come se le unioni civili poi fossero il toccasana per lunghi anni in cui si è stati obbligati a subire comportamenti incivili.



La religione, almeno quella cristiano - cattolica, alla quale appartengo e che nel nostro paese nonostante tutto fa cultura, di aiuto serio non è stata per nulla capace, offrendo dubbie soluzioni: offerte di percorsi psico-spirituali ad orientamento riparativo, percorsi ascetici volti ad accettare la croce dell'omosessualità come prova mandata da Dio, offerta di una vita vissuta in modo angelico, come puri spiriti lontani da ogni sussulto affettivo. Con le eccezioni di qualche prete o religiosa che cerca di lavorare seriamente e in positivo, per poi scontrarsi con un muro dottrinale che sconferma ogni prassi diversa. 
Si, mi direte, però c'è Papa Francesco, che con il suo bellissimo "chi sono io per giudicare" ha aperto uno sprazzo di speranza. Speranza che colgo e condivido. Ma di cui non riesco a fidarmi del tutto, perché a distanza di qualche anno, la Congregazione del Clero scrive (e non potrebbe farlo contro il Papa) che le persone omosessuali "si trovano in una situazione che ostacola gravemente un corretto relazionarsi con uomini e donne". Frase per cui dovrebbe dimettersi una cifra non indifferente del clero cattolico, di ogni livello e grado.
Si, giovane omosessuale, si ragazza lesbica. 
Per i documenti ufficiali della chiesa cattolica romana tu puoi relazionarti correttamente solo con il mondo animale e vegetale (il che non è male considerando che sono i viventi che arrecano meno danni al pianeta e al cuore). Per il mondo politico e culturale spesso sei una bandiera ideologica. Per la gente del paese e i tuoi compagni sei motivo di qualche battutina. 
Ma chi penserà all'effetto di tutto questo? Chi capirà, al di la dei recinti sacri e degli orientamenti sinistroidi, la difficoltà del tuo percorso di vita che a volte si trasforma in una guerra ad oltranza fin dal rapporto con i tuoi genitori, guerra per affermare il diritto ad esserci che a volte si muta in un nascondino perenne giocato tra le lacrime? Quando arriverà, anche per te, il momento del "tana libera tutti"? 
Non lo so. L'unica cosa che so è che devo aspettare. Attendere con te l'alba di un mondo pacificato, in cui cessata ogni guerra, termini anche la tua: sarà il giorno in cui non dovrai più sperare di essere accolto e amato perché quella speranza sarà realtà. Nel frattempo, io, come tanti credenti e non credenti, come tanti professionisti delle scienze umane, uomini e donne di buona volontà e di onestà intellettuale....sarò dalla tua parte, per invitarti, parafrasando Tagore, a "sporgere la tua mano attraverso la notte, affinché io l'afferri, la riempia e la stringa, facendoti sentire che ci sono, per tutto il lungo periodo della tua solitudine". 

3 commenti:

  1. Riflessioni stupende...scaldano il cuore ❣
    Perché è l’amore che dobbiamo inseguire, e difendere i piccoli e i perseguitati fino alla fine!!! GRAZIE Gennaro!!!!

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  2. Che dire....non una parola di più.dolo Grazie.

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