domenica 29 ottobre 2017

VOGLIA DI DIAGNOSI. La moda (redditizia) dei disturbi e delle sindromi.

Non è colpa dei bambini. Questo il titolo è il succo del nuovo libro di Daniele Novara. Lo consiglio caldamente a chiunque sia impegnato nel settore dell'educazione e della psicologia dell'età evolutiva: genitori e insegnanti, pedagogisti e psicologi, neuropsichiatri e pediatri. 
Ha dato voce autorevole e dati statistici a diversi pensieri, sensazioni, opinioni che hanno affollato la mia mente in diverse circostanze, dalla pratica clinica a quella della consulenza psicopedagogica rivolta a genitori in difficoltà.

Mi sembra particolarmente importante, nel libro di Novara, la sua denuncia dell'eccessiva patologizzazione dei bambini, con un ricorso spropositato da parte di genitori e insegnanti  a neuropsichiatri e studi diagnostici. 

Leggendo i dati nazionali, difficilmente non si può far proprio il dubbio e l'interrogativo che pone il noto pedagogista piacentino: "Siamo in presenza di una generazione scompensata dal punto di vista mentale, con disturbi neurologici e psichiatrici così gravi che comporteranno conseguenze altrettanto significative nell'età adulta? Dobbiamo preoccuparci del nostro futuro? Oppure questa esplosione di diagnosi e certificazioni è (solo) un segno inquietante dei nostri tempi?" (p.65).




Nel mondo adulto vi è un desiderio di etichettare che rischia, per effetto pigmalione, di creare patologia in presenza di normali percorsi , blocchi evolutivi laddove ci si trova solo in situazioni di crescita e sviluppo peculiari e differenti:

"Il sistema degli screening e delle certificazioni produce un business indotto di dimensioni significative. L'aumento incredibile di diagnosi e certificazioni ha visto crescere di pari passo in modo esponenziale il numero dei servizi privati dedicati alla diagnostica, al potenziamento e al recupero della difficoltà. Sull'ansia e la preoccupazione dei genitori di fronte ai risultati dei  documenti sanitari, spesso di difficile lettura, sono proliferati centri e materiali di ogni tipo (...). Spesso inoltre gli strumenti utilizzati in fase di diagnosi e certificazione si basano su procedure e materiali che hanno una storia piuttosto recente e che richiederebbero di essere adoperati con una maggiore prudenza" (pp. 100-101).

Il desiderio di diagnosi da parte di adulti, genitori e insegnanti che siano, non di rado nasconde il bisogno di deresponsabilizzarsi rispetto a problematiche che prima di ogni altra terapia, medica o psichiatrica, richiederebbero di essere trattate attraverso una sana pedagogia e una corretta prassi educativa.

Per questo Daniele Novara punta direttamente ad indicare nei genitori e negli insegnanti (famiglia e scuola) i veri sistemi su cui intervenire in ambito formativo e pedagogico: è in questi contesti che i cervelli "plastici" dei nostri ragazzi si modificano evolvendosi o a volte bloccandosi a causa di condizionamenti avvertiti come traumatici e squalificanti.

Spero in un presente dove psicologi, pedagogisti e neuropsichiatri si mettano seriamente a lavorare sui contesti educativi, familiari e scolastici, negli ambienti quotidiani in cui bambini e ragazzi vivono e crescono, non medicalizzando ad oltranza, ma accogliendo piuttosto la sfida di cooperare insieme al benessere della persona, senza cavalcare falsi problemi, intervenendo con diagnosi e categorie solo dove realmente necessario, risparmiando a molti l'onta di un etichettamento fasullo. Lavorare così sarà meno redditizio ma più utile e, soprattutto, più etico. 

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