sabato 13 maggio 2017

Amore che fa crescere, la vera festa!

Festa della mamma. Festa de papà. Festa dei nonni. Festa degli innamorati. Festa degli amici. E mai mancheranno feste per celebrare quella figura, quel tipo di amore, nel tentativo sociale di divinizzarlo, eliminando dal mito collettivo le ambiguità di cui l'amore, qualsiasi forma prenda, è sempre portatore. 

Nessuno pensi che attraverso queste parole si cerchi di distruggere o denotrizzare amori importanti, come quello materno o paterno, come quello di un partner o di un amico. Amori belli e essenziali per vivere. 

Ciò che qui si vuol dire è che il cuore colmo di gratitudine per tutto ciò che una relazione fondamentale della vita ha donato non deve far perdere di vista i mille rischi che un amore porta con sè, quando non accetta il mettersi in discussione, quando crede di essere il metro di ciò che è giusto, quando è mosso semplicemente da un proprio (spesso inconsapevole) bisogno piuttosto che da un sano e dinamico desiderio. 

Amare per bisogno significa rispondere ad un'esigenza che nasce da corpo e investe la relazione: parta sempre da qualcosa che manca a me e di cui sento necessità. Ad esempio: bisogno di  un abbraccio, bisogno sessuale, bisogno di colmare un vuoto affettivo. E i bisogni sono sacrosanti, sia chiaro: vanno trattati con delicatezza, e in modo sano occorre soddisfarli o prendersene cura quando "chiedono" ciò che fa male. 
Amare per desiderio vuol dire, invece, non guardare semplicemente al proprio vuoto interno ma dirigere lo sguardo oltre, fuori di sè, per costruire progetti, per muoversi verso un bene profondo e inclusivo, per disegnare, sovente attraverso la fatica, mappe valide per avvicinarsi il più possibile alla felicità che è tale quando non è solo mia ma include l'altro.
Credo che l'amore sano, quello che fa crescere, quello che guarisce e mette in moto la vita, è proprio di coloro che sanno accogliere i bisogni, propri e altrui, gestirli con discrezione  e lasciarsi muovere dal desiderio profondo, superando il meccanismo che fa dell'input un assoluto e accettando di giocarsi  la sfida dell'output. 

Quando c'è solo una dinamica di ingresso, quando anche l'amore che esce è un'altra forma che sbrana e divora, seppur vestita di dolcezza o sensualità, di religiosità o di mitologia, allora siamo in presenza di un'ambivalenza terribile. Causa non più di crescita e di vita ma di angoscia e di blocchi. 

In ultimo un consiglio non chiesto ( il Faber direbbe che è ciò che si dona quando si è esaurito il cattivo esempio): nessun amore è perfetto, ognuno di noi ha qualcosa da donare e qualcosa da farsi perdonare, ognuno di noi è mosso da desideri di vita accompagnati spesso da movimenti di morte, ognuno di noi fa l'esperienza di voler amare e essere amato e spesso si rende conto che invece di farlo divora o viene divorato, o, peggio ancora, ignora e viene ignorato. Allora come muoversi nel circolo di amore che in ogni caso è questa vita ?  
 
Occorre camminare evitando la distinzione in buoni e cattivi, in giusti e sbagliati e accettando che l'unica vera differenza che contraddistingue gli umani è tra chi accetta di mettersi in discussione lavorando su di sè e coloro che invece si credono più assoluti e infallibili di un dogma papale. 
Di questi ultimi amori, a qualsiasi categoria appartengano, abbiate sempre timore perché sono quelli che investono e non trattano, urtano e non negoziano, creano cloni di morte e non differenze di vita. E nel loro circolo si può restare sani solo se si conserva o si acquisisce un minimo di criticità.
Quando invece incontrate coloro che hanno capito di non essere Dio, coloro che accettano che l'aratro del cuore è il miglior strumento per crescere e far crescere, accogliendo l'auto discussione e il confronto come criterio fondante del vivere, quando incontrerà coloro che escono dalla logica dei mille bisogni inconsapevoli per imparare l'arte fragile del desiderio: beh, insieme a costoro potete costruire qualcosa di bello, di duraturo e di prezioso. È queste persone che vorrei si festeggiassero perché è grazie a loro che questa società  mantiene, pur nelle difficoltà, un livello di accoglienza capace di consentire la vita. E allora, se si tratta di loro, che sia festa della mamma, del papà e degli innamorati, degli amici e dei nonni. Ma senza di loro è bene che ce lo diciamo: non c è nulla da festeggiare! 

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